Il Vangelo è per tutti
Proponiamo l’intervista di “La Voce Misena” a Padre Matteo Pettinari: una forte testimonianza di cosa significa oggi vivere la missione, ovunque ci troviamo, legati tra noi e con il Signore.
Il mese missionario ci fa visitare il mondo seguendo uomini e donne che non hanno avuto paura di lasciare tutto per annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della Terra. Tra questi innamorati del Signore Gesù c’è Padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata originario di Monte San Vito, che vive a Dianra, nel nord della Costa d’Avorio. Ha mille cose da fare, ma ha trovato un po’ di tempo per rispondere alle nostre domande.
‘Giovani per il Vangelo’, il tema della giornata di quest’anno: cosa significa e soprattutto che stile missionario chiede alle nostre chiese?
Il Vangelo è freschezza e novità di vita. Il Vangelo è una grazia di rinnovamento e di pienezza… parole e realtà che non possono non far pensare ai giovani! Quando un giovane si lascia toccare e provocare, rinnovare ed anche spiazzare dal Vangelo non può che diventare lui stesso vangelo vivente. L’inevitabile sorte di chiunque l’abbia gustato in profondità è diventare lui stesso un’occasione perché quella pienezza e quella gioia trasformi e incontri altre vite. Certamente le prime a doversi lasciar convertire dal Vangelo sono proprio le nostre comunità cristiane che dovrebbero ritrovare la semplicità e l’essenziale della fede, lasciando che il respiro dello Spirito Santo – lo Spirito del Nazzareno – possa anche rompere tutto ciò che rallenta, sfigura e cerca di intrappolare la novità del Vangelo di Cristo. È triste dover constatare che, a volte, il grande assente delle nostre assemblee e liturgie, dei nostri progetti pastorali e delle nostre realtà associative e parrocchiali sia proprio lui, il Vangelo. A volte sembra che per incontrare il Vangelo bisogna allontanarsi dalle nostre strutture. Ecco, credo che questa è la conversione che lo slogan “giovani per il Vangelo” ci chiede. Una conversione che parte da questa domanda: è il Vangelo di casa nelle nostre chiese?
La missionarietà è la stessa in ogni epoca, oppure c’è qualcosa di peculiare che caratterizza la missione in questo tempo?
La prima cosa che vorrei condividere e gridare è questa: la missione non la si capisce mai, la missione la si vive!
Parlando in modo particolare della ‘missione ad gentes’, c’è da dire che è la forma di tutta l’azione pastorale della chiesa, il paradigma del suo anelito più profondo, il perché della sua esistenza: la chiesa esiste per chi chiesa non è (ancora). Parafrasando il nostro fondatore, il Beato Giuseppe Allamano che diceva a noi missionari: “Voi siete per i non cristiani”, potremmo dire che tutta la chiesa esiste, respira e vive per loro. Credo che la prima conversione che ci chieda la ‘missione ad gentes’ in quanto Chiesa – in ogni luogo, in ogni ambito, in ogni situazione ed in ogni realtà parrocchiale associativa – è proprio questa: renderci conto che la ragion d’essere della nostra esistenza, il nostro baricentro non siamo noi, non è dentro le nostre strutture e le nostre dinamiche ad intra ma fuori, dove il Vangelo non è amato o non è conosciuto o è rifiutato. In quanto chiesa esistiamo per intercettare – con il nostro amore, la nostra testimonianza ed il nostro desiderio di incontrare tutti – proprio queste situazioni e precisamente a partire da coloro che sembrano non avere avuto mai avuto o non ancora o non più il bisogno di Cristo.
Ecco, credo che la missionarietà – quella che ci coinvolge tutti in quanto battezzati e discepoli di Cristo, in quanto (almeno parzialmente) evangelizzati (!) – sia proprio questo: renderci conto che, come Cristo noi esistiamo per la vita e la salvezza del mondo che coincidono con la gloria del Padre. Missionarietà è quindi vivere sbilanciati, vivere bruciando ad ogni passo un po’ di più quell’egoismo che ci portiamo tutti dentro – personalmente e come chiesa. Missionarietà è questo desiderio di rompere barriere, abbattere frontiere, culturali, politiche, sociali e religiose e seminare la potenza e la bellezza del Vangelo in ogni ambito della vita, con umiltà, discrezione, tenacia, perseveranza e infinita pazienza. Missionarietà è accogliere lo stile di Maria, donna feriale di Nazareth, donna mischiata a tutte le altre, donna che in niente era diversa dalle altre se non per quella relazione specialissima, personalissima, profondissima con il figlio suo, Gesù di Nazareth, Salvatore di tutti.
Finisco, quindi, immaginando e sognando con voi due coordinate per me essenziali della missionarietà oggi: una relazione intima, profonda, contemplativa e personalissima con Gesù di Nazareth accolto come Signore, amico fratello e Salvatore di tutti e la capacità di mischiarsi e confondersi, nascondersi e perdersi come lievito che feconda e trasforma ogni realtà della nostra vita ed ogni ambito della società.
Laura Mandolini.
Da “La Voce Misena” dell’11 Ottobre 2018.
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